Con la Sentenza 213 del 2021 (redattore Giovanni Amoroso)  la Corte Costituzionale ha messo la parola “fine” sul blocco degli sfratti stabilita con il decreto “Cura Italia” e poi protratta dal DL 183/2020 (Milleproroghe)  e DL 41 del 2021 (Sostegni).

La sospensione delle procedure esecutive riguardanti gli sfratti, decisa durante l’emergenza Covid, è una misura eccezionale, di “solidarietà economica” destinata ad esaurirsi entro il 31 dicembre 2021 “senza possibilità di ulteriore proroga, avendo la compressione del diritto di proprietà raggiunto il limite massimo di tollerabilità, pur considerando la sua funzione sociale“.

La questione era stata sollevata dai giudici dell’esecuzione dei Tribunali di Trieste e Savona.

Al 31 dicembre 2021 è destinata ad esaurirsi ogni residua efficacia della sospensione dell’esecuzione di qualsivoglia provvedimento di rilascio di immobili.”

Da accogliere con favore la pronuncia, ma con un certo realismo, considerata la realtà italiana.

La proprietà immobiliare del bel Paese ha una lunga tradizione di normative “emergenziali” relative al blocco degli sfratti, tradizione che è arrivata , nel tempo, a comprimere in modo significativo il diritto di proprietà.

Non si può far ricadere esclusivamente sulle spalle dei privati, soprattutto sui piccoli proprietari che hanno investito i risparmi di una vita nell’investimento immobiliare, il costo economico e sociale della inadeguatezza dell’apparato pubblico nel risolvere il problema abitativo delle categorie più deboli.

È sicuramente urgente un intervento organico a difesa delle famiglie in difficoltà abitativa e, conseguentemente, a difesa della proprietà immobiliare.

Lo strumento del blocco degli sfratti non ha ma risolto nulla ed ha anzi accentuato i problemi ed i contrasti sociali fra le categorie interessate.