Quante volte abbiamo letto o scritto in un contratto, riferendoci all’obbligo di eseguire una prestazione entro una data determinata, la locuzione “entro e non oltre” attribuendo a tale espressione la valenza di limite essenziale, da non superare, pena la risoluzione del contratto?

Non sempre però “entro e non oltre” ha il peso che noi le attribuiamo.

ll termine dedotto in contratto è essenziale (art. 1457 c.c.) solo allorquando la improrogabilità di esso risulti dalla volontà manifestata dalle parti attraverso le espressioni usate, oppure per la natura e l’oggetto del contratto, la cui utilità, tenuta presente dalle parti stesse nella stipulazione del negozio, andrebbe perduta con l’inutile decorso del termine pattuito.  Il caso di scuola per questa ultima ipotesi è quello del contratto di acquisto dell’abito da sposa: solo se verrà consegnato alla futura nubenda prima della cerimonia, il contratto manterrà la sua finalità economica. Parliamo di un termine essenziale in modo oggettivo.

Le parti possono anche attribuire  consensualmente il valore di essenzialità ad un termine, ma è fondamentale che in contratto sia chiarito in modo circostanziato perché si ritiene che la prestazione debba essere eseguita necessariamente entro quel termine.

In altre parole, deve essere ben motivata la ragione per la quale eseguire l’obbligazione oltre una tale data comporterebbe il venir meno dell’utilità per il creditore, con conseguente risoluzione del contratto.  In un contratto preliminare di compravendita, ad esempio, posso attribuire natura essenziale al termine di stipula dell’atto definitivo perché il mancato acquisto del bene entro una determinata data può comportarmi la perdita di una occasione, o di un affare ad esso collegato. In questo caso il termine è essenziale in modo soggettivo: sono le parti che gli attribuiscono quella valenza.

La giurisprudenza, sia di merito che di legittimità, ha chiarito che l’essenzialità del termine per l’adempimento, ex art. 1457 c.c., non può essere desunta solo dall’uso dell’espressione “entro e non oltre” o simili, riferita al tempo di esecuzione della prestazione.  L’essenzialità deve essere quindi provata in concreto.

Scrivere in un contratto che una determinata prestazione deve essere eseguita entro e non oltre una tale data, può quindi rappresentare una semplice “clausola di stile” priva di qualsiasi pregio giuridico: chi non ha rispettato la scadenza potrà comunque offrire la sua prestazione anche successivamente e spetterà alla controparte, che vuole avvalersi del superamento del termine per far dichiarare la risoluzione del contratto, dimostrare che, per la natura economica dell’affare o per la volontà delle parti, il termine stesso doveva ritenersi essenziale.

Il principio di cui sopra può applicarsi con frequenza nel contratto preliminare di compravendita di immobile: ad esempio per l’acquirente non rispettare la data fissata per il rogito definitivo non necessariamente comporta la “mannaia” della risoluzione contrattuale, anche se il contratto andava stipulato “entro e non oltre” una data determinata, a meno che la perentorietà del termine non sia correttamente motivata . In mancanza di articolata e seria giustificazione, il ritardatario potrà offrire di acquistare il bene anche oltre il termine indicato in contratto.

(Trib. Prato, Sent., 09/03/2022, n. 147; Cass. civ. sez. III, 15 luglio 2016, n. 14426; Cons. stato sez. V, 29 maggio 2019, n. 3575).