L’attuale emergenza nazionale legata alla Pandemia COVID 19 con i provvedimenti di chiusura di attività commerciali imposte per legge, ha creato un evidente problema per chi esercita la propria attività in locazione. È possibile sospendere il pagamento del canone di locazione? Quali strumenti normativi possono aiutare il conduttore? I decreti di urgenza sono mutevoli e sembrano ingenerare molta confusione. Meglio affidarci ai consolidati principi richiamati dal codice civile e dalle normative specialistiche in materia.
Ricordiamo, preliminarmente, che i contratti non abitativi non beneficiano della possibilità di sanare la morosità nel pagamento del canone di locazione attraverso lo strumento del termine di grazia ex art. 55 della L. 392/1978. Nel caso di sfratto per morosità di un contratto commerciale, il conduttore potrebbe pertanto trovarsi in gravi difficoltà, non potendo purgare la mora una volta ricevuta la notifica della citazione per la convalida.
È bene pertanto muoversi con attenzione, prima di sospendere il pagamento del canone di locazione.
La norma che sembra calzare per questa situazione di emergenza temporanea (si spera) è l’art. 1256 del codice civile: “”l’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile. Se l’impossibilità è solo temporanea il debitore, finchè essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’inadempimento.”
Il conduttore potrà utilmente invocare l’impossibilità temporanea al pagamento del canone per le locazioni non abitative che non possono utilmente essere condotte e “fruite” per l’emergenza nazionale. Mi riferisco alle attività chiuse per legge (ad es. i ristoranti) o quelle per le quali è comunque impossibile la prosecuzione (ad es. attività ricettivo-turistiche).
Se l’impossibilità perdurasse nel tempo, si potrebbe ipotizzare anche l’estinzione della obbligazione quando “in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione o il creditore non ha più interesse a conseguirla” (art. 1256 c.c. ultimo comma). Immagino, ad esempio, una ipotesi nella quale la chiusura imposta per legge possa dilatarsi nel tempo sino a rendere impossibile per l’imprenditore proseguire nell’attività commerciale.
In combinato disposto con l’articolo di cui sopra può esserci anche l’art. 1258 del c.c. “Se la prestazione è divenuta impossibile solo in parte, il debitore si libera dall’obbligazione eseguendo la prestazione per la parte che è rimasta possibile” : tale principio può essere utilmente applicabile, ad esempio, nelle attività commerciali non chiuse per legge ma che hanno visto una significativa contrazione a causa della emergenza nazionale. In tali casi sarebbe possibile richiedere, ad esempio, una riduzione parziale nel pagamento del canone di locazione
Altri principi normativi che possono utilmente essere richiamati in questo momento ai fini di una riduzione del canone o addirittura di un recesso “veloce” possono essere quelli richiamati dall’art. 1464 del codice civile: “quando la prestazione di una parte divenuta solo parzialmente impossibile, l’altra parte ha diritto a una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta, e può anche recedere dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile all’adempimento parziale” .
Ancora, l’art. 1467 del codice civile così recita: nei contratti a esecuzione continuata o periodica, ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’articolo 1458 .
La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto.
La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto”. Particolarmente interessante in questo articolo è il richiamo agli avvenimenti “straordinari e imprevedibili” nei contratti ad esecuzione continuata, come appunto le locazioni. L’ultimo capoverso dell’articolo evoca la possibilità di un nuovo accordo tra le parti, finalizzato a trovare un nuovo punto di equilibrio nel contratto, in conseguenza delle mutate condizioni economiche ed ambientali.
Anche la normativa specialistica fornisce un aiuto, sebbene poco utile (a parere di chi scrive) in questo momento: l’art. 27 della L. 392/1978 nel suo ultimo comma prevede infatti il diritto per il conduttore di recedere dal contratto per gravi motivi, con un preavviso di sei mesi. Devono pertanto essere garantiti al locatore almeno sei mesi di canone, prima di potersi liberare dalla locazione; tale orizzonte temporale sembra essere troppo lungo da poter rispettare, vista la crisi assoluta di questo periodo.
Salvo l’art. 27 della Legge Speciale che garantisce la possibilità di recesso per gravi motivi (se non è un grave motivo l’emergenza nazionale …) gli altri principi sopra richiamati sono sempre oggetto di valutazione da parte del Giudice, nell’ipotesi di contenzioso giudiziale.
Si consiglia quindi sempre di trovare un accordo preventivo con il locatore, invocando i principi di diritto sopra richiamati, piuttosto che “imporre” unilateralmente la sospensione del canone.
È parere dello scrivente che in ogni caso la percezione e la valutazione della gravità dell’inadempimento del conduttore, da parte dei Giudici, cambierà all’esito di questa crisi e ci sarà (o almeno si auspica) una maggiore flessibilità in tal senso da parte dei Tribunali competenti.