Il nostro sistema prevede che, in sede civile, alcune controversie siano sottoposte a mediazione obbligatoria ai sensi del Decreto legislativo del 04/03/2010 n° 28, G.U. 05/03/2010 e sue successive modifiche ed integrazioni.

Analizziamo l’ipotesi di controversia sottoposta alla mediazione obbligatoria, il cui giudizio venga introdotto con decreto ingiuntivo, poi contrastato con il giudizio di opposizione.

Il primo passaggio giudiziale vede il giudice pronunciarsi sulla concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto opposto; definita tale fase, deve essere promossa la procedura di mediazione obbligatoria. E qui si aprono i problemi. A carico di chi l’iniziativa del procedimento imposto dalla legge?

La Cassazione a Sezioni Unite si è pronunciata con la sentenza 19596 del 18 settembre 2020, ponendo fine ad un contrasto decennale nella giurisprudenza di merito: l’onere di introdurre il procedimento di mediazione è del creditore opposto. Viene ribaltato il principio affermato nella precedente sentenza di legittimità n. 24629 del 2015.

La questione non è di poco conto, perché il mancato adempimento da parte del creditore comporta l’improcedibilità del giudizio di opposizione, che determina però “a cascata” anche la revoca del decreto ingiuntivo opposto: il creditore, insomma, rischia di perdere l’ingiunzione di pagamento per un mero errore procedurale.

La Corte ha ritenuto la soluzione adottata come quella più coerente con il dettato costituzionale: a prescindere dalle argomentazioni testuali e logico sistematiche, il creditore deve stare molto attento ad evitare la beffa della revoca del decreto ingiuntivo.

Nel terreno (già) minato degli adempimenti relativi ad un decreto ingiuntivo ed alle successive fasi giudiziali e stragiudiziali, anche l’avvocato del creditore dovrà essere solerte nel suggerire l’adempimento “conciliativo” al proprio assistito, al fine di evitare quella che, a questo punto, può configurarsi come una vera e propria  responsabilità professionale suscettibile di sanzione.